L'Australia decide sulla Voce, mentre inizia il rimpatrio degli australiani in Israele e a Gaza

ANTHONY ALBANESE SYNAGOGUE VISIT MELBOURNE

Il procuratore generale australiano Mark Dreyfus, Janice Iloni-Furstenberg, Anthony Albanese, Jeremy Leibler and Mark Leibler alla St Kilda Shule in Melbourne mercoledì scorso. Source: AAP / JAMES ROSS/AAPIMAGE

I sondaggi lasciano poche speranze ai fautori del SI, il giorno prima di "Election Day". Nel frattempo, proseguono le operazioni per il rimpatrio degli australiani al momento nelle zone del conflitto mediorientale, ma le difficoltà non mancano.


Proseguono i tentativi del governo federale di organizzare voli che consentano ai cittadini australiani che si trovano tra Gaza e Israele di poter rientrare in patria qualora lo volessero.

I numeri che arrivano sono disparati e spesso provvisori. Al momento, il Primo Ministro Anthony Albanese ha dichiarato che ci sono 1600 australiani registrati tra Israele, West Bank e Gaza. Diciannove di questi si troverebbero proprio a Gaza. Tra loro, a detta di Albanese, ci sarebbe una famiglia di Adelaide.
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Il governo australiano sta cercando di organizzare con quello egiziano un corridoio al confine tra i due Stati. Il confine è al momento chiuso, e le trattative sono in corso.

Secondo l'esperto di politica federale Paul Scutti, il governo sta monitorando con estrema attenzione anche il fronte interno, dopo che la parole del leader dell'opposizione Peter Dutton hanno gettato benzina su uno scenario già incandescente.

Le recenti manifestazioni a supporto della Palestina che hanno avuto luogo a Sydney hanno animato il dibattito politico, spingendo Dutton a proporre l'espulsione diretta di tutti coloro che, in possesso di un visto temporaneo, hanno partecipato alla manifestazione.

Questo clima di tensione ha portato all'intervento del capo dei servizi segreti australiani Mike Burgess, che ha invitato tutte le parti a moderare i toni.
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Scutti ha anche analizzato gli ultimi sondaggi relativi al referendum sulla Voce aborigena in parlamento, dato che domani gli australiani andranno alle urne.

Fino a oggi, cinque milioni di australiani hanno già votato, e Scutti sostiene che "gli ultimi sondaggi danno il NO in vantaggio in quasi tutti gli Stati, ad esclusione della sola Tasmania."
I sotenitori del NO hanno dichiarato che, in caso di vittoria, non si assisterà a nessun festeggiamento.
Paul Scutti
Albanese attraverserà quasi tutta l'Australia nella giornata di oggi per cercare di convincere gli indecisi, che secondo Scutti "rappresentano circa l'8% dell'elettorato."

Ascolta l'analisi di Paul Scutti cliccando 'play' in alto


Questa escalation è l’ultima di un lungo conflitto tra Hamas e Israele.

Hamas è un gruppo politico e militare palestinese che ha accresciuto il suo potere nella Striscia di Gaza dalla sua vittoria alle elezioni del 2006.

L’obiettivo dichiarato di Hamas è la formazione di uno Stato palestinese, a cui si unisce il rifiuto di riconoscere il diritto all’esistenza di Israele.

Hamas nel suo complesso è stata dichiarata un’organizzazione terroristica da diversi Paesi, tra cui l’Australia, il Canada, il Regno Unito e gli Stati Uniti.

In alcuni Paesi solo l’ala militante è stata dichiarata gruppo terrorista.

L’ONU invece non ha condannato Hamas nella sua totalità come organizzazione terroristica, a causa della mancanza di sostegno della maggioranza degli Stati membri durante una votazione nel 2018.

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